Genova e Marsiglia: un confronto (secc. VI-XI)

di Sandra Origone
BnF ms 12473, fol. 46 Folquet de Marseille Biblioteca digitale Gallica btv1b60007960

A Dante, massimo poeta italiano, il mondo del mare non era estraneo, anzi ne aveva  tratto conoscenze e immagini per il suo poema. La sua ammirazione per un personaggio, il poeta poi vescovo di Tolosa Folchetto, nativo di Marsiglia ma di famiglia genovese (probabilmente un Anfossi), suggerisce alcune considerazioni sulla percezione del rapporto fra le due città da parte dei contemporanei. Nel Paradiso dantesco il trovatore, che nelle sue poesie aveva riversato la consapevolezza del contesto marittimo a lui familiare, si presenta indicando lo spazio mediterraneo che gli aveva dato i natali e dice: «di quella valle – ovvero il Mediterraneo, – io fui litoraneo tra Ebro e Macra» (Paradiso,IX, 82-92), poiché era nato a metà tra le foci di questi due fiumi, l’una posta in Catalogna, l’altra in Liguria, e dunque proprio là dove sorge la città di Marsiglia. La patria di Folco non viene definita col nome preciso del luogo della sua nascita, bensì con un’allusione al contesto che lo aveva generato, lo spazio marittimo, colto qui nella sua unità geografica e culturale, nel quale fin dall’inizio la città ligure e quella provenzale si incontrarono, si misurarono, si sfidarono. 

La navigazione

Nell’alto medioevo la storia aveva avvicinato le due città, anche se le fonti, scarse e rarefatte di questi secoli, consentono solo sporadici confronti. Per un breve periodo, dal 510 al 536, dopo che Teodorico ebbe conquistato la Provenza, entrambe fecero parte del dominio ostrogoto. I loro contatti dipendevano dai collegamenti marittimi che ancora nel periodo bizantino univano la costa tirrenica, da Roma a Genova, alla Provenza, alla Spagna, come ricorda un famoso passo di Procopio di Cesarea (Bellum Gothicum, II, 12). Del resto, almeno fino al VII secolo, Marsiglia, Arles ed altri centri minori, tra cui Nizza e Lérins, continuarono a mantenere relazioni via mare con l’Italia, la Spagna, l’Africa ed il Levante, dove si esportavano schiavi, tessuti e legname per importare spezie, vino di Gaza e Falerno, olio, riso, datteri, papiro, manufatti in pelle e seta richiesti dalle regioni merovingiche. La storiografia ha impostato il problema delle relazioni tra Provenza e Tirreno nel quadro più generale dell’interruzione, causata dalle scorrerie saracene, e della ripresa dei traffici nel Mediterraneo.

Si ritiene, tuttavia, che la navigazione alto medievale si sia mantenuta in vigore, seppure a regime ridotto, anche nei periodi meno propizi, ed è probabile che Marsiglia e Genova abbiano assolto al ruolo di sbocco marittimo, rispettivamente per i Franchi, la prima, per i Longobardi, la seconda. In seguito, tra la seconda metà dell’VIII e l’inizio del IX secolo, entrambe le città furono coinvolte nelle azioni diplomatiche della corte franco-carolingia, quando Marsiglia accolse la nave che trasportava un inviato da Bagdad (768) e quando Genova riunì un convoglio per ritirare in Africa il famoso elefante Abul Abbas, dono del sultano a Carlo Magno (802), mentre pochi anni dopo la città fu impegnata a organizzare una spedizione per rintuzzare gli attacchi arabi alla Corsica (806-807). Sembra che in questo arco di tempo si fossero mantenuti movimenti di navi tra Marsiglia, Roma e l’Italia, per quanto in casi del tutto eccezionali, sicché vascelli mercantili provenienti da porti italiani potevano aver raggiunto quello di Marsiglia. E’ anche stato ipotizzato che intorno all’862 un circuito mercantile andasse da Genova oltre il mar Ligure verso Occidente. Ma le incursioni dei pirati saraceni, che a partire dalla seconda metà del IX secolo si abbatterono insistentemente sulla Provenza, ebbero probabilmente effetti negativi sugli sporadici collegamenti costieri di quel periodo. Quando gli assalti dei saraceni si fecero pressanti, il re Ugo di Provenza non poteva contare su adeguate risorse locali per interrompere i rifornimenti che venivano al nemico dalla Spagna e chiese all’imperatore bizantino Romano Lecapeno di inviargli le navi a vela definite chelandie, dotate del fuoco greco e spesso usate a fini militari (Liutprandus, Antapodosis, V, 9). Peraltro, focalizzando il X secolo, in ragione del recente consolidamento del califfato di Cordova e del conseguente, probabile controllo sulla pirateria islamica, la storiografia ha colto le condizioni per una progressiva riduzione dell’aggressività musulmana sul mare. Ciò avrebbe consentito alle campagne di riprendersi e alle flotte delle città marinare di progredire nella navigazione lungo la costa occidentale del Mediterraneo: non si spiegherebbe altrimenti, se non grazie ad una lenta e continua riapertura dei contatti marittimi, il cambiamento del quadro delle relazioni Genova-Mediterraneo occidentale all’inizio del secolo XII di cui sono segnali evidenti la menzione nella tariffa genovese del 1128 delle navi cariche di sale provenienti dalla Provenza e degli schiavi saraceni importati da mercanti di Barcellona nella città ligure, da una parte, e la presenza di navi genovesi a Fréjus e St. Raphael, dall’altra (Libri Iurium, I/1, doc. 3).

  In particolare Genova e Marsiglia ricorrono precocemente nei Miracula beati Egidii, redatti da Pietro Guglielmo nel primo quarto del XII secolo, laddove si parla del miracolo di Sant’Egidio che salva una nave grazie alle preghiere del miles anonimo, un guascone del comitato di Bigorre al servizio del re aragonese Ildefonso, liberato dai genovesi in Almeria (Miracula, p. 321). Nel passo si notano diversi aspetti che avrebbero contraddistinto anche in seguito la navigazione lungo quelle coste: da un lato, i traffici dei genovesi tra potentati saraceni e Provenza, il loro impegno nella liberazione dei cristiani catturati dai saraceni, dall’altro, il ruolo di Marsiglia come rifugio sicuro per le navi inseguite o colte da tempesta sulle rotte in direzione di Barcellona e delle Baleari.

La presenza ebraica

    Le due città compaiono di nuovo nel resoconto di Benjamin da Tudela (Benjamin da Tudela, pp. 43-44), l’ebreo spagnolo che dedicò il suo viaggio, terminato nel 1173, alla ricerca delle comunità dei propri correligionari spostandosi per terra e per mare dalla Navarra al medio Oriente, arrivando ai luoghi sacri della Bibbia, a Bagdad, all’Egitto e visitando Costantinopoli, Salonicco, Roma e la Sicilia. Dal suo testo scaturisce un ulteriore confronto a proposito della presenza ebraica, che in genere può essere considerata come un fattore determinante per il risveglio dell’attività mercantile. Nella descrizione del viaggiatore, Marsiglia è una città abitata da uomini illustri e dotti e ospita una numerosa e ben strutturata comunità ebraica. Genova, invece, ospita solo due ebrei, provenienti da Ceuta. La constatazione di Benjamin da Tudela suggerisce alcune considerazioni, ovvero appare evidente che a Marsiglia si era mantenuta nel tempo una continuità ininterrotta della presenza ebraica, già numerosa nel VI secolo. In seguito, nei secoli più critici per il commercio internazionale, come aveva suggerito Georges Duby gli ebrei delle città provenzali si sarebbero occupati soprattutto di investimenti fondiari nelle aree rurali, dunque probabilmente essi non avevano abbandonato la regione e avevano mantenuto il prestigio del loro insediamento contribuendo alla vivacità culturale e alla ricchezza dei luoghi. In tutti i principali centri che si succedono da Barcellona a Marsiglia, Béziers, Montpellier, Posquières (Vauvert), St. Gilles, Arles, il viaggiatore ebreo incontra autorità rabbiniche di primo piano e solide comunità di saggi ed eruditi famosi, mentre la scuola religiosa di Lunel trasmette i saperi ebraici attraendo studenti provenienti da paesi lontani. Alcune di queste città sono ricordate anche per i commerci fiorenti. Montpellier, famosa per la scuola di medicina, in particolare è frequentata da pisani, genovesi e da altri mercanti provenienti dal Portogallo, dalla Lombardia, dalla Francia, dalla Grecia, dall’Inghilterra e dall’Asia.

   Nella città ligure, invece, la continuità della comunità ebraica, che pure anche qui doveva essere rilevante nel VI secolo, si era persa del tutto; ma i mercanti genovesi già nella seconda metà dell’XI secolo avevano incominciato a gestire direttamente i traffici mediterranei ed erano entrati in contatto con i mercanti ebrei del Vecchio Cairo. La prima notizia sulla rinnovata presenza di abitanti ebrei a Genova risale al 1134, tuttavia si riferisce a un’imposizione religiosa, in vigore forse in passato trattandosi dell’obbligo per ciascuno di loro di offrire ogni anno 3 soldi in olio per l’illuminazione dell’altare nella cattedrale di San Lorenzo (Libri Iurium I/3, doc. 568). È stato anche indicato, con l’esempio di Solimano de Salerno, come altri personaggi trasferitosi dal Midì a Genova, che presenze ebraiche ruotassero intorno ad immigrati dalla Provenza e dalla Linguadoca, abituati a gestire i traffici con l’Oriente e a trattare con musulmani ed ebrei (Slessarev, p. 70). Per l’epoca successiva sono possibili ulteriori confronti attraverso esempi forniti dalla documentazione. Grazie alla dottrina che animava la comunità ebraica di Marsiglia, all’inizio del XIII secolo, un cantore del Vecchio Cairo poté rinvenire nella città il testo di un prezioso poema liturgico, a lui altrimenti inaccessibile (Goitein, p. 221). Anche a Genova, a quel tempo, intorno alla comunità ebraica ruotava un ambiente intellettuale religioso e circolavano testi sacri ebraici (Jehel, p. 214). Ma, se guardiamo all’insieme delle circostanze esposte, le presenze ebraiche in questa città si erano rarefatte a tal punto nel periodo precedente che, quando vi ricompaiono  nel XII secolo, non è possibile pensare a una qualche continuità, bensì a un nuovo interesse suscitato dalla città che, per il carattere mercantile che la contraddistingueva, attirava forestieri come gli ebrei che i genovesi incontravano sulle altre piazze mediterranee. E, infatti, ciò che colpisce il da Tudela è il successo della città ligure. Egli osserva che il mare ha reso ricchi e potenti i suoi abitanti, i quali ne hanno il dominio, costruiscono galere, compiono atti di pirateria dalla Grecia alla Sicilia e portano i ricchi bottini dei saccheggi nella loro città. Anche Marsiglia, però, città di illustri e dotti abitanti che dista da Genova solo quattro giorni di navigazione, «è una città di commercio, in riva al mare», ormai, quando scrive il viaggiatore ebreo, pronta al suo decollo.

Nota

Il testo corrisponde parzialmente e con aggiunte e modifiche a S. Origone, Genova e Marsiglia: un confronto sul mare (secoli XII – XIII ), in«Annales de l’APLAES», [S.l.], n. 5, janv. 2020.

Fonti e Bibliografia

Airaldi G., Groping in the Dark: the Emergence of Genova in the Early Middle Ages, in Miscellanea di Studi storici, II, Genova 1983, pp. 7-17.

Ashtor E., Gli Ebrei nel commercio mediterraneo nell’Alto Medioevo (sec. X-XI), in Gli Ebrei nell’Alto medioevo, 30 marzo-5aprile 1978, Settimane CISAM 26, Spoleto 1980, pp. 401-464.

Belgrano L.T., Il registro della curia arcivescovile di Genova, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», II/2 (1862).

Benjamin da Tudela, Libro di viaggi, a cura di L. Minervini, Palermo 1989.

Byrne E.H. (1918-1919), Easterners in Genova, «Journal of the American Oriental Society» 1918-1919 (38-39), pp. 176-187.

Duby G., Les villes du Sud-est de la Gaule du VIIIe au XIe siècle, in La città nell’alto medioevo, 10-16 aprile 1958, Settimane CISAM 6, Spoleto 1959, pp. 231-258.

Goitein Sh.D., A Mediterranean Society. The Jewish Communities of the Arab World as portrayed in the documents of the Cairo Geniza, II. The Community, Berkeley et Los Angeles, University of California Press, 1971.

Horden P., Purcell N. (2000), The Corrupting Sea. A Study of Mediterranean History, Londres, Blackwel 2000.

Kedar B.Z., Mercanti genovesi in Alessandria d’Egitto negli anni Sessanta del secolo XI, in Miscellanea di studi storici II, Genova 1983, pp. 19-30.

I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/1, a cura di A. Rovere, Genova 1992; I/3, a cura di D. Puncuh Genova, 1998.

Lopez R.S., Quaranta anni dopo Pirenne, in La navigazione mediterranea nell’Alto Medioevo (14-10 aprile 1977), Settimane CISAM 25, Spoleto 1978, pp. 15-31.

Mc Cormick M., Origins of the European Economy AD 300-900, Cambridge University Press, 2001.

Miracula Beati Egidii auctore Petro Guillelmo, MGH, Scriptorum XII, ed. G.H. Pertz, Hannover 1856, pp. 316-323.

Picard Ch., Retour sur la piraterie sarrasine d’Al-Andalus contre le monde latin (Italie et Provence) au IXe et Xe siècle, in F. Cardini, M.L. Ceccarelli Lemut, Quel mar che la terra inghirlanda. In ricordo di Marco Tangheroni, Ospedaletto 2007, II, p.577-605.

Slessarev Vs., I cosiddetti orientali nella Genova del Medioevo, Immigrati dalla Francia meridionale nella città ligure, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», VII. 1 (1967), pp. 38-85.