Moncastro,“una cittadella fortificata e un porto sul Mar Nero […] dove abitano i Genovesi, i Valacchi e gli Armeni”

di Alessandro Flavio Dumitrascu

Moncastro è uno dei diversi toponimi utilizzati dai Latini che frequentavano il Mar Nero dopo la Quarta Crociata per indicare il porto sul Ponto Eusino situato sulla foce del Dnestr. In realtà, tuttavia, questa stessa località nei documenti è indicata anche con altre denominazioni riconducibili al binomio Città Nera (nelle versioni Mavrokastron, Maurocastrum e Moncastro) / Città Bianca (nelle versioni Asprokastron, Albikastron, Belgorod e Akkerman). Tale binomio con le relative varianti ha creato parecchi problemi di identificazione agli storici che si sono occupati dell’argomento. Le ultime ricerche si sono orientate su due ipotesi: la prima, priva di una conferma di tipo archeologico, suggerisce che si tratti di due cittadelle gemelle poste sui due versanti del Dnestr; la seconda propone che si tratti di una città (Città Bianca) e di un castello (Città Nera) situati sullo stesso lato del fiume citato.

In ogni modo è risaputo che Moncastro fu uno dei primi porti frequentati dai Genovesi sulla costa occidentale del Mar Nero: nel 1290 Giacomo di Finale riconosceva di aver ricevuto una certa quantità di denaro da Enrico Salvatore per investimenti a Costantinopoli e nel suddetto centro alla foce del Dnestr. Sebbene risulti chiaro che a partire da questo momento i Genovesi frequentavano tale porto, essi non ne erano in possesso. La città a quel tempo si trovava sotto la dominazione dell’Orda d’Oro e vi sarebbe restata ancora fino alla fine del XIV secolo, eccetto che per un breve interregnum bulgaro nel periodo 1301-1322, quando gli stessi mongoli lasciarono la regione in possesso dello Zar Svetoslav. Siamo al corrente di questa situazione grazie al racconto del martirio di un monaco francescano, ucciso a Moncastro dai Bulgari, fatto grave che spinse i Genovesi a dichiarare un devetum sul commercio bulgaro nel 1316.

Abbiamo la prima prova di una presenza genovese stabile a Moncastro verso la metà del XIV secolo, sebbene non si possa escludere che vi si fossero stabiliti già anteriormente. A quest’epoca l’insediamento genovese godeva di una certa organizzazione e veniamo anche a sapere qual era il principale prodotto che rendeva questo porto così importante per i Liguri. Nel 1351, durante la seconda guerra veneziano-genovese, il comune di Genova scriveva ai funzionari della Romania affinché si procurassero contributi finanziari prelevandoli anche dai Genovesi residenti a Moncastro. È chiaro che una richiesta siffatta era possibile solo se in questo porto del Mar Nero i Genovesi avessero avuto una residenza stabile e una certa struttura amministrativa con loro rappresentanti in loco per provvedere alla riscossione delle contribuzioni. Nel frattempo, grazie all’opera La Pratica della Mercatura del fiorentino Francesco Balducci Pegolotti, veniamo a sapere che si considerava il grano di Moncastro al secondo posto per il pregio della sua qualità, immediatamente dopo quello proveniente da Caffa, e al terzo posto per la convenienza del prezzo. Se ne trae la conclusione che i Genovesi fossero fortemente attratti da questo centro commerciale proprio per approvvigionarsi del prezioso cereale.

Sebbene gli storici romeni non siano concordi sulla data esatta, è possibile affermare che nell’arco di tempo tra il 1377 ed il 1392 Moncastro era passata sotto la dominazione della Moldavia, la quale nel 1408, durante il regno di Alessandro il Buono, è citata come punto doganale del dominio di questo sovrano. Il risultato ottenuto dal principato romeno permetteva ora un controllo più stabile sulla nuova rotta commerciale, la via valachica, creata quasi contemporaneamente a questa circostanza. Essa rappresentava un’alternativa alla vecchia rotta, la via tartarica, che era stata abbandonata a causa dei diversi conflitti militari e che manteneva il collegamento tra le colonie genovesi della Crimea e il Regno di Polonia.

La nuova situazione non sembra aver turbato la comunità genovese residente a Moncastro. Al contrario, stando ad una informazione pervenuta attraverso un atto che si ritiene oggi perduto, sembrerebbe che, nel 1409, lo stesso Alessandro il Buono avesse concesso ai genovesi di Caffa, di costruire a Moncastro un fondaco e di eleggervi un console. Peraltro, se considerassimo falsa tale notizia, altre testimonianze confermano la convivenza tra i Genovesi e i Valacchi. Nel 1421 Ghillebert de Lannoy, ambasciatore del re d’Inghilterra Enrico V, incaricato di informare i lontani regni e principati orientali della nuova posizione acquisita da quest’ultimo come reggente della Francia in seguito al trattato di Troyes (1420), affermava: «E sono giunto a una cittadella fortificata e un porto sul Mar Nero chiamato Moncastro o Belgrad, dove abitano i Genovesi, i Valacchi e gli Armeni». Più tardi, nel 1445, il noto cavaliere burgundo Walerand de Wawrin «arrivò un giorno al porto chiamato Moncastro, dove – egli informa – si trovavano una città e un castello che sono dei Genovesi».

Oltre alle relazioni di viaggio esistono testimonianze certe di fatti indubitabili: nel 1452 il genovese Ettore Mansano era descritto come burgensis Mocastri, mentre, quattro anni prima, il governo genovese ordinava alle autorità caffesi di istituire a Moncastro una tassa doganale dello 0.5% su tutte le merci che venivano importate o esportate da questo porto. Le autorità si aspettavano di ricavare da questa tassa circa 10.000 aspri in sei mesi, il che vuol dire che il commercio genovese in questo centro commerciale si elevava a circa 2.000.000 di aspri in sei mesi. Questo documento oltre a fornire un’informazione di carattere economico offre un’importante notizia di carattere amministrativo, evidenziando la dipendenza dei Genovesi di Moncastro dalle autorità genovesi di Caffa.

Comunque, non sempre le autorità genovesi di Moncastro si erano trovate in perfetta sintonia con quelle moldave. Solo per citare un esempio, negli anni trenta del XV secolo si verificò ciò che è stata denominata da alcuni storici la rivolta anti-genovese nel Mar Nero: un movimento orchestrato da Venezia che coinvolse la comunità greca di Cembalo, il principe di Mangup Alexios, il khan della Crimea e gli imperatori di Costantinopoli e di Trebisonda. Anche i Moldavi guidati da Iliaș I decisero di prendere parte a questa rivolta invitando i Veneziani a fondare un fondaco e ad eleggere un console a Moncastro. Come diretta conseguenza, durante il periodo 1433-1439, i Veneziani mandarono le loro galere sulle foci del Dnestr: impresa che, però, era destinata a fallire, riuscendo i Genovesi a ristabilire il loro predominio non solo a Moncastro, ma in tutto il Mar Nero.

Un secondo esempio è molto più noto: ci riferiamo all’attacco e alla conquista, da parte di sessanta Moldavi che seguivano gli ordini del burgravio di Moncastro, del castello genovese di Lerici o Illice, situato con molta probabilità sulla foce del Dnepr. L’episodio risalente al 1454 si era verificato a causa del riscatto di quattordici Moldavi cittadini di Moncastro, catturati dai Mongoli, da parte dei proprietari del castello Lerici, i fratelli genovesi Senarega. L’attitudine poco cristiana dei Senarega, che cercavano di ricavare profitto da questa, solo in apparenza, benefica azione, e ancor più l’attività commerciale, che la nuova cittadella genovese aveva iniziato a esercitare danneggiando i commerci del centro moldavo sulla foce del Dnestr, avevano provocato la reazione militare del burgravio.

Indipendentemente da questi brevi episodi di discordia, lo status quo determinato dalla prolungata convivenza tra Genovesi e Moldavi a Moncastro e dall’interesse per il commercio in particolare del grano, era destinato a durare fino al 1484, anno nel quale il sultano ottomano Bayezid II conquistava questo porto sottraendolo al dominio di Stefano III il Grande e togliendo alla Moldavia la possibilità di disporre di uno sbocco sul Mar Nero. Sebbene sia stata dimostrata la sopravvivenza di una certa comunità genovese in Moldavia dopo questa fase storica, certamente la conquista ottomana apriva una nuova realtà che privava definitivamente i Genovesi del predominio a lungo goduto nel Ponto Eusino.