I voivodati rumeni: uno sbocco per il commercio genovese del Mar Nero nel XIV e XV secolo
Un capitolo della penetrazione genovese nel Mar Nero è rappresentato dai rapporti rumeno-genovesi che si concretizzano a partire dalla fine del XIV secolo, sebbene taluni insediamenti possano risalire già a partire dalla seconda metà del XIII secolo a seguito del trattato di Ninfeo del 1261. La presenza dei mercanti genovesi nei centri commerciali del Basso Danubio, soprattutto a Vicina, Chilia e Licostomo, e della foce del Dnestr, a Moncastro, si sarebbe consolidata grazie alla creazione dei due stati rumeni di Valacchia e Moldavia, rispettivamente nel XIII e XIV secolo, e dell’apertura nel corso del XIV secolo, di due vie commerciali che univano il Mar Nero all’Europa centrale, attraversando i territori dei due stati, i quali divennero i principali interlocutori dei genovesi il cui interesse per la regione era principalmente di natura economica.
I mercanti internazionali provenienti da Genova erano attratti dalla possibilità di commerciare le materie prime (cera, pesce, schiavi e soprattutto grano e miglio) che si potevano ricavare in queste regioni e di esportarle verso centri più grandi come Costantinopoli, Caffa o la stessa Genova.
Vie commerciali contese tra Ungheria, Valacchia, Polonia e Moldavia
Le due vie commerciali continentali, che univano il Mar Nero all’Europa centrale, divennero l’asse portante delle relazioni economiche trecentesche, per le quali possediamo una documentazione abbastanza ricca. La prima inizia ad essere operativa nel 1358, in virtù del privilegio concesso dal re dell’Ungheria, Luigi d’Angiò, ai mercanti di Brașov, che permetteva a questi ultimi di entrare in contatto con i genovesi a Brăila, città dalla quale prende nome questa rotta, appunto denominata “la via di Brăila”, che passava lungo i territori della Valacchia. Tale via, frutto dell’alleanza tra genovesi e ungheresi, che mirava all’importazione dei prodotti del Mar Nero a Buda e da lì alla loro esportazione più lontano, verso la Boemia e la Germania, sarà presto accaparrata dal voivoda della Valacchia Vladislav I (1368).
La seconda rotta commerciale, indicata nei documenti contemporanei come via valachica, ma definita dagli storici moderni “via moldava” per distinguerla più chiaramente dalla via dell’altra Valacchia, univa le regioni del Mar Nero con il Regno della Polonia attraverso i territori della Moldavia, ed era nata come conseguenza dei primi contatti dei genovesi con i principi moldavi nel 1386, dell’entrata della Moldavia sotto la sovranità di Ladislao II Jagellone, re di Polonia, nel 1387 e della neccessità di trovare un’alternativa alla via tartarica, tormentata nell’ultimo decenno del XIV secolo dai conflitti dei genovesi con i mongoli.
Rapporti diplomatici tra il doge genovese Antoniotto Adorno e il principe moldavo Pietro II Musat
Anche se si possono ipotizzare contatti diplomatici rumeno-genovesi prima dell’anno 1386, è a partire da questa data che si fanno risalire le prime relazioni politiche tra Genova e la Moldavia. L’ambasciata genovese presso il principe Pietro II Mușat rispondeva a diverse esigenze, ma sprattutto rappresentava un capitolo importante della politica internazionale del doge Antoniotto Adorno in quest’area nel suo complesso, dal momento che solo un anno più tardi, nel 1387, egli concluse altri tre trattati con Ivanco della Dobrugia, con il Khanato dell’Orda D’Oro e con l’Impero ottomano.
Probabilmente i contatti moldavo-genovesi del 1386 costituirono una premessa per la conclusione di un trattato tra i due stati che non ci è pervenuto, ma che, se si considerano il rapporto di forza esistente e la conflittualità mai cessata tra le parti, possiamo ipotizzare contenesse clausole simili a quelle del trattato con Ivanco, del tutto sfavorevoli alla signoria locale. Del resto subito dopo l’ inizio positivo i rapporti rumeno-genovesi non appaiono per nulla amichevoli, essendo caratterizzati dalla politica espansiva dei due stati in via di affermazione, con la conquista di Moncastro da parte della Moldavia nell’ultimo decennio del XIV secolo e di Chilia e Licostomo da parte della Valacchia all’inizio del secolo successivo. Moncastro rimarrà saldamente nelle mani della Moldavia fino al 1484. Durante tutto questo periodo vi si mantenne, però, costante la presenza mercantile dei genovesi come conferma un privilegio, probabimente concesso loro nel 1409 da Alessandro il Buono a controbilanciare quello concesso ai mercanti di Leopoli nel 1408.
Chilia, invece, sarà contesa più volte dai due principati, costituendo un obiettivo costante nella rivalità fra le due vie commerciali che si venne a creare soprattutto in seguito al trattato di Starà L’ubovňa del 1412 tra Polonia e Ungheria, stati antagonisti che delegavano ai due voivodati rumeni la sicurezza della circolazione sulle due vie commerciali. Questo processo vide la sua massima espressione in un’episodio del 1429, quando il principe della Moldavia, Alessandro il Buono, sbarrò l’avanzata di dodici navi genovesi dirette verso Chilia e poi a Brăila obbligandole ad attraccare a Moncastro.
La probabile esistenza dei trattati rumeno-genovesi contenenti clausole svantaggiose per i signori locali e la conquista da parte di questi ultimi degli scali commerciali genovesi di Chilia, Licostomo e Moncastro offrirono il pretesto perfetto per le successive scaramucce che ebbero luogo nel XV secolo: citiamo, per esempio, la partecipazione della Moldavia alla rivolta anti-genovese del Mar Nero degli anni 1431-1432, quando i veneziani furono invitati a fare commercio a Moncastro, e i diversi incidenti che, inizialmente isolati, durante i processi aperti nel periodo 1445-1455 arrivarono a toccare le più alte istanze genovesi e moldave.
Rapporti diplomatici tra Caffa e la Moldavia di fronte all’avanzata ottomana
La caduta di Constantinopoli nel 1453 ebbe una pesante influenza anche sui rapporti rumeno-genovesi che, nel contesto del decadimento del commercio genovese nel Mar Nero e soprattutto dell’avanzata ottomana, assunsero un carattere sempre più squisitamente politico e si intensificano nella speranza della soppravvivenza. Sebbene la competizione degli stati del Mar Nero fosse rimasta costante e i conflitti rumeno-genovesi fossero perdurati come indicano incidenti quali la ben nota questione “de Illice” del 1455 o la famosa prigionia del console Gregorio de Reza in Moldavia del 1467, almeno nel periodo 1457-1469 tra Caffa e la Moldavia predominava un clima di relativa alleanza. Alcuni fatti evidenziati in sede storiografica sono indicativi della situazione imposta dall’avanzata turca: in particolare è significativo il rifiuto di Caffa di immischiarsi nella campagna apertamente anti-ottomana di Vlad III di Valacchia (stato passato definitivamente sotto il dominio del turco nel 1462), proprio in virtù della sua scelta di essere inserita nella pace ottomano-polacca nello stesso anno in cui vi fu compresa anche la Moldavia.
A partire dal 1470, però, il voivoda Stefano il Grande assunse un atteggiamento sempre più antiottomano, del tutto incompatibile con la politica estera di Caffa. Allora la civitas Caffensis mutò il suo atteggiamento cauto e si sentì libera di sfogare la sua ostilità nei confronti della Moldavia provocando lo scontro diretto. Tutto iniziò nel 1471 quando i caffesi fecero appello a Mengli Giray, il Khan mongolo della Crimea, che in tutta risposta condusse una spedizione poco convincente contro la Moldavia. Per contro negli anni successivi Stefano si diede da fare per coinvolgere nella sua lotta contro l’impero ottomano la città dei genovesi, peraltro ormai sempre più attenta ad evitare conflitti pericolosi. Sebbene negli ultimi due anni del dominio genovese in Crimea non si registrino incidenti moldavo-genovesi, nemmeno si può parlare di un’alleanza tra i caffioti e la Moldavia.
In seguito, dopo la caduta di Caffa, l’indefessa, ma vana difesa dei territori del suo stato contro gli Ottomani guadagnò al re Stefano III la fiducia del pontefice Sisto IV e gli portò la fama di campione della crociata determinando, almeno fino alla conquista del litorale moldavo da parte di Bajezid II nel 1484, il perdurare di contatti con i genovesi impegnati nel tentativo di mantenere qualche posizione nel mar Nero. Poi i due stati perderanno definitivamente l’occasione di incontrarsi.
Per un secolo i genovesi avevano potuto approfitare dei prodotti e delle vie di transito lungo i due principati; da parte loro la Valacchia e la Moldavia avevano potuto fare uso di tale opportunità, soprattutto prelevando dazi su questo commercio. La storiografia ha messo in relazione il profitto economico derivatone con la possibilità di utilizzare la ricchezza in tal modo acquisita nella costruzione ancora recente dei due stati e di usufruire delle situazioni conseguenti all’impulso commerciale come l’aumento della circolazione monetaria e l’urbanizzazione. La storia della Valacchia e della Moldavia deve essere valorizzata anche in ragione delle relazioni internazionali che accompagnarono l’affermazione dei due stati, laddove persino l’invadente presenza genovese ebbe un ruolo per lo sfruttamento di nuove risorse e potenzialità. Del resto dapprima colonizzatori e frequentatori abituali dell’area danubiana, come chiaramente dimostra la documentazione notarile trecentesca, i mercanti genovesi, non se ne staccarono facilmente e qualcuno di loro non abbandonò i paesi rumeni sopraffatti dall’ondata ottomana.
Non possiamo trascurare che i rapporti rumeno-genovesi, prevalentemente di natura economica e politica, ebbero effetti collaterali dai punti di vista culturale e sociale derivati dall’integrazione di genovesi nei territori rumeni e di valacchi e moldavi nella società caffese medievale. Questo intenso periodo, se pure relativamente breve, ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva, come indica la leggenda moldava secondo la quale buona parte dei castelli medievali moldavi sarebbero stati costruiti dai genovesi.
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